
La democrazia non si diffida
Cittadine e cittadini hanno diritto ad avere informazioni, verità e trasparenza.
Le lettere di diffida ricevute dal consigliere regionale Massimo Moretuzzo e dal consigliere comunale di Trieste Riccardo Laterza, per il solo fatto di aver chiesto la verità sui rapporti di lavoro e sulle partecipazioni societarie dell’assessore regionale Bini, sono la chiara rappresentazione di una degenerazione della vita democratica da condannare con fermezza. Trenta cittadine e cittadini del Friuli-Venezia Giulia l’hanno denunciata in una lettera che è stata pubblicata sulle edizioni odierne dei quotidiani Messaggero Veneto e Il Piccolo. Chiedono a coloro che hanno a cuore il bene pubblico di solidarizzare con chi ha ricevuto minacce e diffide, esigendo che si ripristini il principio di trasparenza che caratterizza gli ordinamenti democratici. Tante persone ci hanno chiesto come fare ad aggiungere la firma: abbiamo scelta di rilanciarla sui nostri canali per consentire una più ampia adesione. Grazie per il tuo sostegno!
La lettera completa
La credibilità della politica, e delle e dei rappresentanti politici, si misurano in termini di trasparenza e accesso della cittadinanza alle informazioni che permettano loro una partecipazione attiva e consapevole. Per questo quanto avvenuto negli ultimi mesi in relazione alla vicenda dell’assessore regionale Bini è una degenerazione della vita democratica da condannare con fermezza.
Non è accettabile che due consiglieri eletti dai cittadini, il consigliere regionale Massimo Moretuzzo e il consigliere comunale di Trieste Riccardo Laterza, per il solo fatto di aver chiesto la verità sui rapporti di lavoro e sulle partecipazioni societarie di un assessore regionale, siano stati raggiunti da diffida legale da parte dell’azienda il cui socio al 40% e dirigente è lo stesso assessore.
Un uomo che, pur non eletto e designato dalla fiducia del presidente della Regione, ha giurato di “essere al servizio dello Stato e della Regione” e che invece usa direttamente e indirettamente modi intimidatori contro chi svolge il proprio ruolo per esercitare il diritto di ispezione proprio dei consiglieri.
Non è accettabile il tentativo di zittire non solo una voce, ma la legittima richiesta di informazioni, ancor prima di sollevare questioni morali o di incompatibilità. Non è accettabile che, come abbiamo letto dalle cronache dei lavori del Consiglio regionale, un assessore arrivi a minacciare pesantemente un consigliere durante i lavori d’aula.
La democrazia è il potere di un popolo informato, diceva Tocqueville, se togliamo al popolo la possibilità di informarsi svuotiamo la nostra democrazia. Non ci vogliamo abituare a una politica che non risponde agli elettori, a una politica che cerca di zittire con prepotenza chi chiede risposte chiare a domande legittime. In questo modo la democrazia è davvero in pericolo.
Non possiamo adattarci a vivere in una regione dove chi governa si sente superiore agli altri, senza l’obbligo di rendere conto delle proprie attività private e delle sue relazioni con gli incarichi pubblici. Ci piace pensare che non ci siano conflitti o opacità e vorremmo esserne resi certi, ma non si può arrivare a diffidare chi, in nostro nome, chiede maggiore trasparenza o rassicurazioni sulla correttezza di passaggi che prevedono l’impegno di risorse pubbliche. Questo atteggiamento è un campanello di allarme e ci sembrerebbe corretto che fosse il presidente della Regione a fugare ogni minimo dubbio, a prendere le distanze da ogni atteggiamento aggressivo e minaccioso nei confronti non delle minoranze consiliari, ma dei cittadini stessi che hanno il diritto di essere amministrati da chi ha a cuore solo il bene pubblico.
I cittadini hanno diritto ad avere informazioni, chiedono verità e trasparenza. La questione non è di rispetto della legge: questo è un tema politico, di opportunità, di etica, di morale. Una responsabilità che mai come in questo momento i cittadini chiedono a chi fa politica, nessuno escluso.
Per questo chiediamo a coloro che hanno a cuore il bene pubblico di solidarizzare con chi ha ricevuto minacce e diffide, esigendo che si ripristini il principio di trasparenza che caratterizza gli ordinamenti democratici. Se togliamo al popolo la possibilità di informarsi la partecipazione diventa vuota e senza partecipazione e conoscenza non c’è democrazia.
Primi firmatari
Franceschino Barazzutti | Franco Belci | Andrea Bellavite | Gianluigi Bettoli | Giorgio Cavallo | Ferdinando Ceschia| Vincenzo Compagnone | Cristiano Cozzolino | Gino Dorigo | Maurizio Fermeglia | Dario Gasparo | Emiliano Giareghi | Dorotea Tea Giorgi | Adriana Janežič | Alberto Kostoris | Marko Marinčič | Fabiana Martini | Bianca Minigutti | Elia Mioni | Iris Morassi | Roberto Muradore | Roberta Nunin | Luigi Oddo | Michele Piga | Paolo Rumiz | Luciano Santin | William Starc | Gabriella Taddeo | Claudio Violino | Roberto Visentin
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