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La lezione di Forni: acqua, diritto o profitto?

04 Ottobre 2017
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Apprendiamo dalla stampa che un Comune della montagna friulana, Forni di Sotto, è stato citato al Tribunale superiore delle acque pubbliche da parte di una azienda privata, la Edipower spa. Il reato contestato al Comune è quello di voler realizzare un acquedotto per portare l’acqua potabile nelle case dei propri cittadini, utilizzando la sorgente del rio Chiaradia; invece la suddetta impresa ritiene che le acque di questo rio montano debbano essere prioritariamente disponibili per i propri fini di produzione di energia  idroelettrica. Quindi siamo nella situazione in cui un’Amministrazione comunale, democraticamente eletta a rappresentanza di una Comunità, che intende garantire ai suoi cittadini un diritto fondamentale come quello dell’accesso all’acqua potabile, utilizzando una risorsa che è presente sul suo territorio e che è innanzitutto un bene comune, viene citata in giudizio da parte di una impresa privata quotata in borsa che utilizza questo bene comune per produrre profitto e dividendi da spartire ai propri soci, che nulla hanno a che fare con i cittadini e le comunità di Forni di Sotto e della Carnia. Ritengo che questo sia inaccettabile da qualunque punto di vista. Non è accettabile perché ancora una volta alle comunità della Carnia e del Friuli viene negata la possibilità di utilizzare liberamente le risorse del proprio territorio, nel rispetto dei bisogni primari dei cittadini e della sostenibilità ambientale. Non è accettabile perché ancora una volta il profitto di pochi viene anteposto al diritto di molti. Non è accettabile perché si tratta dell’ennesima dimostrazione di come le nostre comunità stiano pagando le conseguenze di una politica regionale che sui temi dell’acqua e dell’energia è stata ed è tuttora impresentabile. Negli ultimi anni le centrali idroelettriche della Carnia sono state oggetto di scambi di pacchetti azionari fra società come A2A, multi utility lombarda cui appartiene Edipower, e SEL, Società elettrica altoatesina, che hanno trattato i nostri “tesori” montani come le proprietà di un cinico monopoli.Ora non serve essere ferocemente autonomisti per capire che a queste spregiudicate mosse industriali e finanziarie di player “foresti” sarebbe dovuta seguire una reazione forte da parte della Regione F-VG, anche in forza del proprio statuto di autonomia.Basterebbe copiare quanto altri, evidentemente più svegli dei nostri sorestans, hanno fatto: costituire una società pubblica regionale che gestisca le centrali idroelettriche del nostro territorio. Rivendicare la nostra autonomia non sulla carta ma nella gestione diretta delle nostre risorse, a beneficio delle nostre comunità e non di qualche azionista lombardo o tedesco. Invece chi ha guidato la regione negli ultimi dieci anni ha preferito tacere, per non dispiacere ai padroni che nelle segreterie dei partiti romani decidono chi deve guadagnare e chi deve subire.
Massimo Moretuzzo
Coordinatore Patto per l'Autonomia

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