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Moretuzzo: «A 170 anni dalla nascita dell’udinese Bonaldo Stringher, primo Governatore della Banca d’Italia, ne ricordiamo l’attenzione alle dimensioni sociali dello sviluppo»

17 Dicembre 2024

Ricorre mercoledì 18 dicembre, i 170 anni dalla nascita dell’udinese Bonaldo Stringher, al vertice della Banca d’Italia dal 1900 fino alla morte nel 1930, prima come Direttore generale e poi, quando fu istituita la carica, come Governatore. Fu anche, nel corso della sua vita, accademico in materie finanziarie, dirigente ministeriale, deputato e ministro del Tesoro. A lui si deve la trasformazione di un istituto di credito tra tanti nella banca centrale dell’allora Regno d’Italia, con autorizzazione esclusiva all’emissione di banconote e con poteri di vigilanza sulle altre banche, in una visione quasi profetica per i sistemi democratici attuali.

«Stringher visse e operò in tempi di cambiamento, difficili e travagliati. Fu un’illustre personalità in campo economico, un illuminato protagonista della vita culturale, interessato, oltre che agli aspetti economici e finanziari, alle dimensioni sociali dello sviluppo – ricorda il capogruppo del Patto per l’Autonomia Massimo Moretuzzo –. Nella visione di Stringher vanno assicurate a chi lavora nelle fabbriche e nelle campagne dignitose condizioni di vita e di lavoro, giusto riconoscimento del contributo alla crescita dell’economia, diritto di organizzarsi ed esprimersi collettivamente, opportunità di istruzione e progresso. In questa luce, si comprende la sua attenzione allo sviluppo del credito popolare».

«Stringher intuì e agì convinto che la finanza vada gestita e regolamentata, e non lasciata alla libera iniziativa dei capitali. È un esempio di grande modernità per la consapevolezza di essere, come vertice della Banca Centrale, al servizio della cosa pubblica, ma con determinazione nel rivendicarne l’autonomia gestionale. Politica e finanza, come due rotaie dello stesso binario, non devono sovrapporsi, ma andare nella stessa direzione», conclude Moretuzzo, evidenziando come «in Friuli non abbiamo valorizzato a sufficienza questa figura: non basta intitolare vie e scuole a donne e uomini illustri se non si trasmette alle nuove generazioni, accanto alla conoscenza dei percorsi degli stessi, i valori che li hanno animati».


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