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Non solo Safilo

11 Dicembre 2019

Safilo di nuovo in crisi, a farne le spese è lo stabilimento di Martignacco di cui è stata annunciata la chiusura. La notizia è stata oggetto di discussione anche dentro l’aula del Consiglio regionale. Sulla questione interviene il capogruppo del Patto per l’Autonomia Massimo Moretuzzo.


«Una situazione drammatica, che coinvolge oltre 250 famiglie e rispetto alla quale le istituzioni rischiano di rimanere più che senza parole (quelle ci sono sempre), senza strumenti concreti per agire. In situazioni come queste siamo in balia di processi legati ai mercati globali rispetto ai quali non c’è sovranismo che tenga. La potenza economica, finanziaria, demografica di altre zone del mondo è nettamente superiore e, pertanto, dobbiamo avere il coraggio di dirci la verità: la crisi della Safilo non è la prima e – per quanto sia duro da accettare – non sarà l’ultima. E, anche quando la storia si ripeterà, noi continueremo a raccontarci sempre le stesse cose: che in queste aziende abbiamo ottime professionalità, che il mercato di quel particolare settore non è in crisi, che la colpa sta nel management che non ha saputo o voluto trovare le soluzioni idonee. Tutte considerazioni spesso condivisibili, ma lamentarci del destino cinico e baro non cambierà di certo la realtà delle cose.
Io credo, invece, che ci siano almeno due elementi su cui è possibile e necessario agire. Il primo è quello di elaborare una nostra visione di quello che vogliamo sia questa terra fra 15 o 20 anni, in una prospettiva di medio-lungo periodo. Si tratta insomma di decidere se vogliamo rimanere in balia degli eventi che ci stanno travolgendo, oppure se vogliamo prendere uno dei treni che stanno passando. Personalmente non ho dubbi: il treno è quello dell’Unione Europea e del Green New Deal di cui ha parlato ieri Ursula von der Leyen, quel treno che dovrebbe portare l’Unione Europea alla neutralità climatica entro il 2050. Non è solo una questione etica o ambientale, si tratta di un modello di sviluppo e di business per il nostro tessuto produttivo. Un treno che porterà con sé 1000 miliardi di euro di investimenti della Banca europea per gli investimenti. Per prenderlo, dobbiamo anticipare gli scenari, interpretare a modo nostro la svolta Green di cui parla la presidentessa della Commissione Europea, calare queste riflessioni sulla nostra realtà e, soprattutto, su quello che sarà il nostro territorio nei prossimi anni. Basta rileggersi il dossier dell’Arpa sugli impatti dei cambiamenti climatici sul Friuli-Venezia Giulia per capire che questo comporta – ed è il secondo elemento su cui agire – di immaginare e mettere in campo investimenti diversi, straordinari: nei settori dell’agricoltura, del turismo invernale montano, delle infrastrutture per approvvigionamento idrico.
Servono azioni mirate e urgenti alla luce dell’attuale situazione dell’economia regionale: negli ultimi 10 anni il Friuli-Venezia Giulia (peraltro sempre più “vecchio”) ha perso oltre 5.246 imprese (-6,4%); tra il 2009 e il 2018 la manifattura regionale ha perso 1.541 imprese (-14,5%), i trasporti quasi un quarto, il commercio oltre l’11%. Tra il 2008 e il 2017 l’export del Nordest cresce dell’11,6%, mentre quello della provincia di Udine perde il 15,7% e quella di Pordenone l’11,2%. Nel 2018 i lavoratori inutilizzati dall’economia del Friuli-Venezia Giulia (cioè la somma di disoccupati, scoraggiati e sospesi) sono tra le 70 e le 80 mila unità (erano 44 mila 10 anni fa) e la situazione è ancora peggiore nei primi 9 mesi del 2019 un calo dei nuovi rapporti di lavoro del 5,4%, che significa 6.400 assunzioni in meno e la produzione per la prima volta in calo dal 2013, come ci dice Confindustria sulla stampa di oggi. Una situazione talmente grave da favorire un flusso costante negli ultimi anni di espatri di laureati e diplomati dal Friuli-Venezia Giulia verso destinazioni più attraenti: nel 2018 sono emigrati 2800 regionali.
A fronte della situazione straordinaria che sta vivendo la nostra regione da 10 anni a questa parte e che non ha eguali nel resto del nord Italia, la manovra finanziaria regionale è totalmente inadeguata. Che fare? Come agire? È evidente che l’unica possibilità che abbiamo è quella di investire in quei settori che sono coerenti con una visione “verde” e che hanno un alto effetto moltiplicatore. Il più efficace è quello della rigenerazione del capitale territoriale, a partire dalla riqualificazione del patrimonio abitativo della nostra regione. E in questo specifico settore, come abbiamo ricordato in tutte le manovre finanziarie di questa legislatura, c’è una assenza clamorosa della Giunta. Se la precedente misura prevista per il riuso del patrimonio immobiliare non andava bene perché si tergiversa così tanto per trovare i correttivi necessari? La possibilità di trovare una nostra dimensione dentro la partita globale che viene giocata sopra le nostre teste passa anche da qui.
Il sociologo Mauro Magatti dell’Università Cattolica di Milano nell’evidenziare la necessità di un cambio di paradigma per uscire dalla crisi, scrive: “Il treno della storia sta passando davanti ai nostri occhi. Proviamo a non perderlo”. Credo che questo valga a maggior ragione per la nostra regione».


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